Una giornata come tante.
Pollai da pulire e piumose da sfamare, coniglietti da far uscire dalle gabbie e tanti lavori incompiuti da terminare.
Mentre inizio la quotidianità dei lavori del campo mi intrattengo al telefono con un’amica perché io devo fare sempre almeno due cose contemporaneamente.
La testa stracolma di pensieri e di cose da fare e quel flebile miagolio di sottofondo…
Mi fermo, immobile, silenziosa. E’ veramente un miagolio. Controllo con lo sguardo i gatti che popolano il mio mondo distesi sull’erba di quello che, nei miei sogni, avrebbe dovuto essere un rigoglioso orto. Tutti presenti ed assorti nel relax post pasto.
Ancora un miagolio, questa volta polifonico . Riconosco questo richiamo ad occhi chiusi. Gattini. Gattini piccoli. Forse un mese. Non di più.
-Gattini!!!- urlo alla mia amica al telefono. – Oh mio Dio gattini!!-
Inaspettatamente la mia amica, che fino a due secondi prima si lamentava di un tremendo mal di schiena che l’assillava da giorni, risponde. – Arrivoooo!-
Entro nel recinto del pollaio e scopro, tra la rete a maglia fitta di recinzione e l’alto muro a secco, un musino che mi guarda e miagola. Incastrato tra la rete e il muro: praticamente in trappola. Poco più in là, sempre tra il muro e la rete altri tre musetti.
Un rapido calcolo: 8 gatti in campo più 6 casa più 4 fanno 18. Un numero simpatico.
Ora dovevo trovare il modo di far uscire i micetti da quella scomoda posizione.
Sposto sassi , sollevo reti ed ecco il primo micino in salvo. Si lascia prendere senza problemi. E’ un bellissimo gattino ,di quelli che io chiamo “variegato Nutella” perché hanno il manto chiaro con striature scure soprattutto sul musetto.
Dopo averlo depositato nel trasportino, che ormai è sempre a portata di mano, mi dedico ad acchiappare gli altri tre.
Altra rete alzata e pietre spostate ed altri due pelosetti sono tra le mie braccia.
Il terzo si fa desiderare infilato tra il recinto dei conigli e il muro non ne vuole sapere di uscire da lì.
Per fortuna con l’arrivo della mia amica l’operazione diventa più semplice: lei da una parte e io dall’altra il micetto alla fine finisce nella gabbietta insieme agli altri.
Li guardo frastornata. Da dove vengono? Potrebbero essere figli di Alice, la gatta nera che insieme a Mamy , la gatta tigrata, mi sta guardando distesa sull’erba. Impossibile. I micetti avranno forse un mese ed io non ho mai sentito un miagolio ne visto codine sparire nel fieno o musetti spiarmi tra l’erba.
Se non li avessi visti, se non li avessi sentiti?
I quattro micetti silenziosi, riuniti nel trasportino sono avvinghiati, stretti stretti si fanno forza per affrontare questo mondo che li ha già delusi e rifiutati ad un mese dalla nascita.
Proviamo a vedere se qualcuna delle gatte sembra interessarsi a loro.
Alice si avvicina ma la sua è curiosità felina, non certo apprensione materna.
E così i quattro micetti ora sono a casa.
Li terrò con me per una quindicina di giorni, il tempo di svezzarli e vederli crescere insieme ancora un po’.
Il veterinario ha confermato la mia tesi: sono nati in casa e poi sono stati abbandonati. Nessun parassita, nemmeno una pulce.
Parassita è colui che ha compiuto questo ignobile gesto.
Ora i micetti attendono qualcuno che li adotti.
Un Umano a cui fare le fusa e su cui rannicchiarsi per fare una pennichella.
Qualcuno che li ami come meritano, piccoli, meravigliosi cuoricini di pelo.